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Curata la progeria nei topi grazie all’editing genetico

Invecchiare a dodici anni

Sammy Basso ha venticinque anni, ma ne dimostra settanta. Sammy ha la sindrome di Hutchinson-Gilford, la forma più nota di progeria, o malattia dell’invecchiamento precoce. Molti ragazzi con questa malattia non vivono neanche fino a venticinque anni. La malattia è dovuta alla mutazione di una singola base del DNA, nel gene LMNA, che determina un errore nello splicing, quindi l’accumulo della proteina tossica progerina. Questo accumulo altera la struttura del nucleo cellulare. I sintomi appaiono dal primo anno di vita e includono riduzione della crescita, anomalie nella struttura della pelle, problemi di udito, seguiti dal rapido invecchiamento con perdita di tono muscolare, rigidità dei legamenti e problemi cardiovascolari. Lo scorso anno l’FDA ha approvato un farmaco (lonafarnib) che nei trial clinici si è dimostrato in grado di allungare la vita dei pazienti in media di due anni e mezzo, ma non si tratta di una vera e propria cura. Idealmente, il biologo vuole agire alla radice: correggendo il genoma. È proprio ciò che è stato realizzato in animali modello da Luke Koblan e colleghi in uno studio affascinante, apparso su Nature il mese scorso.

 

Una storia incredibile di scienza

Il laboratorio di David Liu al Broad Institute lavora da qualche anno per sviluppare proteine intelligenti per correggere il DNA. Note come base editors, queste proteine modificano chimicamente un singolo nucleotide nel DNA, per esempio trasformando un’adenina in una guanina, e, come CRISPR/Cas9, sono in grado di eseguire questa correzione in maniera altamente specifica. Le base editors sono programmate per agire su un punto specifico del genoma e, paragonate allo strumento “trova e sostituisci”, rappresentano la frontiera nel genome editing, prestandosi bene per correggere patologie genetiche a singolo nucleotide, proprio come la progeria. Perché non CRISPR? Le base editors non esercitano i danni tossici al DNA dovuti al taglio nucleasico, che ancora limitano l’impiego di CRISPR/Cas9.

 

Quasi per gioco, è così che un giorno nel laboratorio di Liu il giovane studente Koblan inizia ad utilizzare le base editors per cercare di correggere la mutazione che causa la progeria in cellule isolate dai pazienti. Koblan racconta che una sera era alla sua scrivania per analizzare i dati raccolti in laboratorio e si rese conto che la correzione era stata incredibilmente efficiente: le cellule trattate erano del tutto paragonabili a quelle di persone non malate! Nel giro di ventiquattr’ore, Koblan scambiava email con il direttore dell’NIH, Francis Collins. Collins scoprì la mutazione che causa la progeria nel 2003 e afferma che “onestamente, non pensavo che sarebbe stato possibile nell’arco della mia vita” [correggere la mutazione, N.d.R.].

 

Gli ingredienti per una cura

Ma come portare le base editors nelle cellule di un animale vivo, già sviluppato? Si tratta della grande sfida del “delivery”, e i ricercatori del gruppo di Liu hanno optato per un vettore adeno-associato che avesse un tropismo blando, ovvero fosse capace di infettare le cellule di tutti gli organi, senza preferenze spiccate. Molte persone sono state infettate da questi virus innocui nel corso della vita. Gli autori riportano che effettivamente a sei mesi gli animali trattati presentano dal dieci al sessanta per cento di cellule corrette a livello di ossa, muscolo scheletrico, fegato e cuore, oltre ad avere un aspetto più simile agli animali sani che ai modelli di progeria. L’aorta, in particolare, vede una correzione totale della mutazione, suggerendo che le cellule corrette abbiano rimpiazzato quelle morenti. Un autore dello studio afferma che questo risultato è cruciale, dato che molti bambini malati di progeria muoiono a causa di malattie cardiovascolari.

 

Prospettive verso la clinica

I topi vivono circa due anni. Koblan e colleghi riportano che la sopravvivenza media dei topi trattati rispetto ai modelli di progeria è aumentata in maniera statisticamente significativa: da sette mesi a un anno e mezzo! È interessante notare come la correzione genetica di solo un sottoinsieme di cellule abbia portato ad un recupero di salute generale – è infatti impensabile correggere buona parte delle cellule di un organismo già sviluppato. I miglioramenti nell’efficienza delle base editors e dei mezzi di delivery aprono prospettive luminose per la cura di molte malattie genetiche. Per arrivare alla clinica, tuttavia, la sicurezza dev’essere comprovata e molta strada è ancora da percorrere: una singola dose di base editors sarà sufficiente? I vettori adenoassociati aumentano l’incidenza dei tumori al fegato nei topi, perciò devono essere ben studiati prima di passare all’uomo. Il sistema immunitario non reagirà contro questi agenti estranei? A quale età è meglio somministrare la cura? Il gruppo di Liu sta già lavorando per rispondere a queste domande, nella convinzione che la progeria sarà un giorno curata.