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Non abbiate paura dei precursori | Matteo Montalesi [ESSEHO]

Io non volevo parlare. Non mi hanno costretto perché non è una violenza, è un’opportunità. 

Ad un certo punto mi hanno convinto, ho detto “Va bene, magari ho qualcosa da dire”. Non ho una storia incredibile, non ho una storia tragica. Sarebbe stato bello. Cioè è stato bello pure non averla la storia tragica. Però non mi sono svegliato alle quattro, non ho lavorato tutta la vita. Ho sempre fatto musica perchè è quello che mi fa sentire vivo.

Non sono mai stato troppo attento alle definizioni: questo, quello, noi siamo questo nelle relazioni e nei rapporti. Però ad un certo punto mi sono chiesto: “Ma cos’è la musica?”. La risposta l’ho avuta in parte con un musicista italiano che si chiama Tony Carnevale e dice “La musica è quell’arte che utilizza i suoni come mezzi di trasmissione la quale passa da una fantasia che la compone a una fantasia che la elabora”, quindi l’ascoltatore. Non essendo tangibile, la musica senza l’ascoltatore non esiste. e’ un’arte che si muove nel tempo. Ha bisogno di quello che c’è stato prima e di quello che c’è stato dopo.

Ettore Petrolini, un attore e autore italiano cantava: “Tanto pe’ cantà, perché me sento ‘n friccico ner còre”. Ora, era veramente cardiopatico Ettore Petrolini. e’ ovvio che la canzone è una canzone d’amore. Ma già iniziamo ad entrare un po’ nei termini di Autore e Ascoltatore.

La musica si muove di pari passo con il progresso tecnologico, con la situazione politica, con la situazione sociale, insomma con tantissime cose. Per esempio il microfono: ragazzi vi rendete conto che grazie al microfono ci siamo liberati dei cantanti lirici? Non è una cosa da poco! Però il canto lirico nasce apposta per essere sentito nei grandi teatri, c’era bisogno di tanta potenza. Adesso voi mi sentite anche se parlo così.

Ci siamo liberati pure della batteria, lo strumento peggiore dell’universo. Ormai ci sono i sample e fai tutto quanto con i sample.

A parte i cambiamenti dei sound, se c’è una cosa che mi ha sempre veramente tanto affascinato è il modo in cui cambiano la scrittura e le melodie. La parte più autoriale. Poi io sono una persona molto fissata, faccio molta ricerca. Facciamo finta di tornare indietro nel tempo, ‘72. Esce un disco postumo di Luigi Tenco che si chiama “Tenco canta Tenco di Andrea Jannacci e Bob Dylan”. In quel disco è presente un brano che si chiama “La ballata della moda” che racconta in un modo ironico, molto romanzato come le masse diventino vittime del consumismo e della moda. Lo racconta tramite questo cameriere Antonio che serve ad un tavolo di grandi industriali. Lui all’inizio deride il prodotto di questi grandi industriali fino a poi diventarne così tanto assuefatto e dipendente da finire all’ospedale. Si chiamava acqua blu, non penso sia mai esistita quindi lo posso dire. 

La scrittura non era soltanto politica, c’era anche una morale. Ma se andiamo poco poco più avanti, nel ‘73 esce un brano molto particolare che ha un non so chè di molto attuale. Si chiama Alice di Francesco De Gregori. Alice scatta delle foto, cioè l’autore scatta delle foto a delle situazioni. Il mendicante arabo che ha un cancro nel cappello ma è convinto che sia un portafortuna. Alice guarda i gatti e i gatti muoiono nel sole mentre il sole poco a poco si avvicina. O lo sposo che durante il matrimonio pur sapendo che la moglie è incinta si alza e dice no, pur sapendo quale sarà il suo destino. Il brano ruota tutto intorno a questa grande innocnza di Alice, Alice non lo sa,”Ma tutto questo Alice non lo sa”.

L’attualità di questo modo di scrivere sta proprio nel fatto che nel 2017 esce un disco in italia che si chiama Polaroid che non fa altro che scattare dello foto alla mondanità romana, alla gioventù in un certo senso. Questo disco di Franco 126 e Carl Brave riesce a pieno a rappresentare tutta la giovinezza romana, tutta l’emotività dei ragazzi. E quindi torniamo all’inizio, i ragazzi sentono quelle parole, sentono “noi che ridiamo anche se siamo messi male”, “il mio amico sta cotto e mi chiede se accosto” oppure la componente emotiva “ci avrei scommesso su noi due, una vita intera sempre in due e invece ognuno per le sue”.

I ragazzi ascoltano, rielaborano e pensano quasi che queste canzoni siano state scritte per loro che raccontano la loro vita. E questa è la potenza vera della musica.

Ora io mi sono chiesto come sarà la musica nel 2050 e sono andato da una mia amica a dirle “Sai sto parlando un po’ di come sarà la musica nel 2050” e lei mi ha guardato e mi ha detto “Ma a me che me ne frega di come sarà la musica nel 2050”. E secondo me ha ragione lei, cioè il mio discorso infatti non vuole vertere su questo ma sull’essere pronti fra 30 anni a non aver perso quella voglia di ascoltare e di immedesimarsi nelle necessità e nei bisogni degli altri. Perché spesso ce lo scordiamo, ce lo ricordiamo tanto quando siamo giovani, quando siamo ragazzi poi ad un certo punto rimpiangiamo sempre un’epoca d’ora. Andiamo sempre alla ricerca di quello che era il passato, di quello che ci ricorda ciò che siamo stati da giovani. Però tutto questo porta Vasco Rossi ad arrivare ultimo al Festival della Canzone italiana e porta a tutta un’altra serie di cose.

Quindi io spero in questi 30 anni, se ascoltate questo discorso di  ricordarvi che  i bisogni cambiano ma non è che sono meno importanti. Perchè i ragazzi di oggi che hanno 15-16 anni cantano che si sentono soli, parlano dell’ansia che si dice “ah va di moda”, non va di moda. Se i ragazzi dicono che hanno dei problemi, ce l hanno.

Allo stesso modo c’è tanta rivalsa sociale, economica, ragazzi che vengono dal niente che riescono a costruirsi un futuro tramite la musica.

E quindi niente, la musica cambia il mondo e il mondo cambia la musica. Non abbiate paura dei precursori e non facciamo gli stessi errori di chi ha fatto arrivare ultimo Vasco Rossi al Festival della Musica Italiana.